Teorie del complotto e fake news

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Le teorie del complotto sono sempre state oggetto di interesse di una nicchia di appassionati o competenza di psichiatri e psicoterapeuti: sono infatti presenti nei sintomi della schizofrenia, della paranoia o del delirio. Negli ultimi anni, però, anche grazie alle fake news sono diventate un modo di pensare comune tra tanti, dai risvolti non sempre innocui.

Teorie del complotto: non una “favola” moderna.

A tutti sarà capitato almeno una volta di sentire che nelle scie bianche lasciate dagli aerei ci sarebbero agenti chimici, che l’11 settembre le Torri Gemelle non sono crollate per un attacco terroristico, o tornando più indietro, che Elvis e Michael Jackson non sono morti e che l’Uomo non è mai sbarcato sulla luna.

Per rimanere agli ultimi due anni, tutti avremo ascoltato teorie alternative sulla pandemia e i vaccini e nell’ultimo mese che la Russia stia salvando l’Ucraina per liberarla dai nazifascisti. La loro diffusione ormai è tale che non si può semplicemente considerare più un fenomeno di nicchia tra appassionati o un sintomo di un disturbo mentale.

Queste teorie, ormai, fanno talmente parte della nostra società che è molto frequente incontrarle sotto forma di opinioni in tv o sui giornali, senza nessuna o quasi opposizione. Negli ultimi anni, queste teorie hanno avuto un’influenza sulle nostre vite come mai prima, fino a mettere a rischio la salute di molte persone, come nel caso di quelle sui vaccini.

A differenza delle favole, queste teorie alternative non hanno lo scopo di fornire un insegnamento, quanto di minare ciò che le persone credono.

Perché la gente crede alle teorie complottiste?

Il fenomeno della ricerca di una spiegazione alternativa alle verità ufficiali, o in mancanza di informazioni certe, fa parte da sempre del nostro modo di raccontarci ciò che viviamo. Credere alle teorie alternative è un modo di affrontare situazioni ed eventi spaventosi o dolorosi.

La ricerca di un senso è alla base dei sintomi dei disturbi mentali sopracitati, per spiegare le percezioni alterate del corpo. Come si spiega, però, che persone sane mentalmente di diversa estrazione sociale, cultura o livello economico, finiscano per convincersi che siamo tutti oggetto di uno qualche complotto mondiale?

La diffusione di fake news, letteralmente “false notizie” in inglese, sul vaccino è indicativa: questi modi di pensare si circolano maggiormente in periodi di crisi. Accettare la spiegazione che il virus sia mutato dall’animale all’uomo ci fa sentire più impotenti. Pensare, invece, che dietro al COVID-19 ci sia un misterioso incidente di laboratorio, per quanto spaventoso è riferibile al comportamento umano; quindi un evento su cui possiamo recuperare il controllo.

Le teorie del complotto e il bisogno di rassicurazione

In questa prospettiva, credere a queste teorie, rispecchia un bisogno umano cercare di esorcizzare le proprie paure focalizzandosi sulle cause, a dispetto, spesso, di quello che indicano i fatti.

Uno dei fattori alla base di queste fake news è di certo la paura che porta a commettere errori cognitivi. In particolari momenti della storia umana, le persone sono più spaventate. Guerre, pandemie, catastrofi naturali sono tutti eventi destabilizzanti su cui non abbiamo controllo.

Rispetto al nostro bisogno innato di essere rassicurati, trovare una spiegazione aiuta a recuperare il controllo. Poco importa, allora, quanto sembri incredibile la spiegazione, se ci permette di dare un senso a ciò che ci succede.

Fake News e strumenti cognitivi

Il fattore emotivo è solo uno di quelli che producono e mantengono la macchina delle fake news. Non entreremo in merito agli interessi politici nella produzione di notizie false, perché non è questa una sede competente, ma rimanendo sull’aspetto psicologico, un altro motivo è di natura cognitiva.

La realtà in cui viviamo è molto complessa ed è difficile da riassumere in termini di cause ed effetto diversamente dalle teorie del complotto. Inoltre, per verificare un fatto complesso, servono capacità di analisi sviluppate e conoscenze dell’evento che non sempre sono disponibili, o lo sono dopo tempo.

La diffusione tramite i mezzi tecnologici di eventi che hanno coinvolto massicciamente la popolazione, ha reso disponibile una quantità di informazioni che il cervello fatica a padroneggiare. Per alcune persone, poi, è difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, a causa di un mancato sviluppo dello spirito critico.

Le fake news hanno lo scopo di condizionare le opinioni delle persone. È molto facile per i soggetti sensibili fidarsi di ciò che viene scritto o raccontato.

Va anche aggiunto, infine, il bisogno della mente di mantenere un senso di coerenza sulla realtà. Le informazioni che confermano timori e paure, da tale punto di vista, hanno più valore, perché danno conferme, anche se di un timore. È il motivo per cui è difficile per noi cambiare idea (e farla cambiare agli altri). Spiega il detto: è la prima impressione quella che conta!

Si può discutere con i complottisti?

Chi in questi due anni non ci ha già provato con scarsi risultati, alzi la mano!
Non è un’impresa semplice, ma nemmeno impossibile con qualche accorgimento. I punti fondamentali riguardano la preparazione sull’argomento, la conoscenza dell’altro e l’origine del suo modo di pensare e il tono su cui impostare la discussione.

Cosa NON funziona
  • Iniziare la discussione ponendosi su un piano di superiorità intellettuale del tipo “so tutto io e tu sei ignorante”, soprattutto se non siamo effettivamente esperti sulla questione.
  • Presentare prove razionali a chi la pensa diversamente, può produrre un effetto boomerang. Le persone non amano cambiare idea e si mettono sulla difensiva, se si rendono contro che lo scopo del confronto è dimostrare che sbagliano a pensarla in una determinata maniera.
  • Criticare il modo di pensare dell’altro, giudicandolo stupido o ignorante, è di fatto un attacco, anche se verbale
    (e sì, anche se è fatto con le migliori intenzioni!). Il risultato è spesso quello del contrattacco che inasprisce ancora di più la difesa della propria versione dei fatti.
Cosa PUÒ funzionare
  • Quello che possiamo fare invece, è parlare, dopo esserci effettivamente informati sulla questione. Spesso quando parliamo di argomenti molto complessi, nemmeno ciò noi abbiamo scelto di credere si basa esclusivamente su fatti verificati.
  • Prima di mettere in discutere le idee dell’altro, sarebbe utile cercare di capire da dove nascono (è spaventato? è stato esposto a fonti di disinformazione? Ha un vantaggio nel credere a quella versione della storia?). Sarebbe, quindi, tutile ascoltare semplicemente il punto di vista dell’altro.
  • Non cerchiamo di fargli cambiare idea, ma proviamo semplicemente a fornirgli un modo alternativo di considerare l’evento, invitandolo a documentarsi su fonti accreditate di informazione.

Prima di accingerci all’impresa, comunque, bisognerebbe sempre ricordare la battuta dello scrittore Arthur Bloch: Non discutere mai con un idiota, la gente potrebbe non notare la differenza!

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