emdr reti neurali

L'approccio EMDR

L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing ovvero desensibilizzazione e riprocessamento attraverso il movimento oculare) è un trattamento psicoterapeutico scoperto nel 1989 da Francine Shapiro per alleviare stress legati a ricordi traumatici.

È un trattamento evidence based, ovvero supportato da numerose ricerche scientifiche e consigliato nelle linee guida mondiali per il trattamento del DSPT (Disturbo Post Traumatico da Stress). Questo approccio è validato dall’American Psychological Association e dall’American Psychiatric Association e dal nostro Ministero della Salute. 

È un intervento rapido, efficace e adatto a persone di tutte le età, compresi i bambini. 

Nel 2019 l’associazione EMDR Italia è stata premiata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per il suo impegno civile, sociale e umanitario.

Il modello teorico dell’EMDR

La teoria alla base dell’approccio EMDR parte dal fatto che in ognuno di noi vi è un sistema di elaborazione innato delle informazioni che tende sempre all’autoguarigione. Un po’ quello che succede a livello fisico quando ci procuriamo una ferita: naturalmente il corpo si attiva per farla cicatrizzare. 

Il modello AIP, Adaptive Information Processing, su cui si basa l’approccio EMDR, presuppone che normalmente il ricordo per essere elaborato in modo costruttivo deve essere immagazzinato insieme ai pensieri, alle immagini, alle sensazioni ed alle emozioni relative all’evento associato. Il ricordo può essere così collegato al resto e richiamato in maniera volontaria e costruttiva.

Il ricordo traumatico, diversamente, è immagazzinato in modo disfunzionale. L’esperienza dell’evento risulta incompleta, frammentaria e scollegata dal resto. 

È la frammentarietà del ricordo che impedisce alla persona di comprendere ciò che gli accade e quali sono i meccanismi.Per questa mancanza di senso, i ricordi traumatici sono ferite che non si cicatrizzano mai e sanguinano ogni volta che qualcosa le riapre. 

Come si svolge l’intervento EMDR

Durante una seduta lo psicoterapeuta stimola i movimenti oculari della persona con lo scopo di attivare contemporaneamente i due emisferi cerebrali. Questa doppia attivazione permette di elaborare il ricordo traumatico.

A livello fisiologico quello che accade è quello che sperimentiamo ogni notte quando dormiamo. Il sonno, infatti, è un momento fondamentale per la nostra mente, perché permette di immagazzinare tutti gli stimoli (ovvero quello che ci succede durante il giorno) in maniera corretta. L’espressione “ci dormirò su” riferita a problemi da risolvere, non può essere più vera!

Grazie all’EMDR nel nostro cervello crea una nuova rete neurale rispetto al ricordo traumatico che permette, in maniera del tutto naturale l’integrazione del vissuto emotivo dell’evento con il livello cognitivo. 

Il risultato è che durante il trattamento la persona è in grado di elaborare ciò che gli è successo, superando il blocco. Il risultato è che il trauma smette di essere rivissuto costantemente, ma viene considerato come come parte della propria storia e quindi come qualcosa che è passato. 

Dopo il Trattamento EMDR il ricordo non causa più sofferenza. I sintomi e le emozioni che suscitava la memoria dell’esperienza non viene più riattivata da eventuali stimoli. 

Cosa intendiamo per trauma

Il trauma psicologico deriva da eventi che irrompono nella quotidianità. Il loro impatto è negativo e cambia il modo di vedere la realtà. 

Il termine deriva dal greco e significa “ferita”, è una ferita di natura psicologica che rimane sempre aperta e non cicatrizza mai.

Come conseguenza il trauma colpisce anche l’identità. Quello che lascia è una percezione di insicurezza, una diminuzione dell’autostima, un senso di colpa per quello che è successo e sintomi.

L’origine del trauma può essere di due tipi. Il primo è quello in cui l’integrità fisica o la vita della persona e/o di chi la circonda è messa a rischio. In questo caso rientrano gli eventi di grande portata: alluvioni, terremoti, crolli, oppure incidenti, aggressioni, stupri, lutti… Il secondo deriva da situazioni di vita, ad esempio interpersonali, che la persona vive soggettivamente come traumatiche. Ad esempio, episodi in cui la persona è stata umiliata, abbandonata o rifiutata… 

Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD)

Quando l’evento traumatico è del primo tipo, riguarda la morte o l’integrità fisica, la probabilità di sviluppare un disturbo da stress post traumatico è tra il 5% e il 10% nella popolazione. 

La diagnosi secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V, 2013) del PTSD riguarda:

  • La presenza di un’esposizione ad un pericolo mortale, grave lesione oppure violenza sessuale, in modo diretto, come spettatore o venendone a conoscenza. 
  • Durante l’esperienza la persona ha sperimentato dettagli particolarmente crudi, estremi e/o ripetuti dell’evento traumatico.
  • Dopo l’evento si presentano sintomi associati. Questi sintomi possono essere: 1) ricordi ricorrenti, involontari, intrusivi e spiacevoli dell’evento. 2) Ricorrenti incubi legati al trauma per contenuto o emozioni. 3) Reazioni di tipo dissociativo. Per es. flashback dell’evento o comportarsi come se l’evento si stesse ripresentando. 4) Una sofferenza psicologica intensa e prolungata quando si è esposti a fattori scatenanti che ricordano alla persona l’evento. 5) Reazioni fisiologiche marcate all’esposizioni di fattori scatenanti che ricordano l’evento
  • Evitamento persistente di possibili stimoli relativi all’evento. Per es, evitamento del ricordo o dei sentimenti associati, evitamento di fattori che richiamo il ricordo dell’evento.
  • Alterazioni in negativo di pensieri ed emozioni rispetto all’evento: 1) Incapacità nel ricordare (amnesia) aspetti dell’evento, 2) Convinzioni e aspettative estremamente negative sul sé/gli altri/ il mondo, 3) Pensieri distorti sulle cause o sulle conseguenze dell’evento rispetto alla colpa o alla responsabilità dell’evento, 4) Uno stato emotivo negativo persistente con emozioni quali: paura, orrore,  rabbia, vergogna o colpa, 5) Riduzione grave nell’interesse o partecipazioni ad attività importanti per la persona, 6) Sentimento di distacco dagli altri, 7) Persistente incapacità di provare emozioni positive come felicità, soddisfazione, amore.
  • Un marcato aumento del livello di arousal, lo stato di attivazione del sistema nervoso come reazione a stimoli esterni che si manifesta con: 1) Irritabilità ed esplosioni di rabbia, 2) Comportamento spericolato o autodistruttivo, 3) Ipervigilanza, 4) Risposte di allarme esagerate, 5) Difficoltà di concentrazione, 6) Difficoltà relative al sonno (difficoltà ad addormentarsi, a rimanere addormentati o non sentirsi riposati dopo il sonno)
  • La durata delle condizioni sopracitate supera un mese
  • Il disagio compromette sfere di vita importanti
  • Queste alterazioni non sono dovute a sostanze o ad altre condizioni mediche